Copertina
Date 1977-1978
Country Italy
City Bergamo
Province Bergamo
Region/State Lombardia
Grade 4 elementare
Sex of author M
February 20, 1978
A quarrel

I’m at the desk and I’m listening to the lesson that the teacher is explaining to us, but more than anything I’m thinking about how long it will take her to let us have recess.
I’m worried about how this interval will go, because my classmate Stefano wants to avenge me because I pulled a prank on him.
Finally, in a certain sense, unfortunately, it is time for recess.
In the stridency of the chairs I hear Stefano’s voice calling a small group of males: probably grouping up to beat me.
In fact, the little group of children surrounds me; soon, I think to myself, the drawings will rise, and their rustling will be the background to the screams.
The boys, at a signal from Stefano, group up and take me.
I, who am very strong, take a child and trip him by dropping him on his back on the floor.
He shouts: “Hey! Get him. ”
In a hurry I run between the desks to hide, but little Stefano, full of anger, sees me slipping between the benches and with a jump he gets behind me, he clungs to my knees and trips me.
I must react, but I’m afraid; what should I be afraid of?
I am afraid of the most absurd thing, of hurting him.
He seems to me, in front of me, a small helpless being, but he is not, he is strong.
I get up almost convinced to forgive him, but the others jump me pushing me from one to the other.
Suddenly I rush towards Stefano and it seems to me that this is the real struggle.
He throws his right fist into my belly and it hurts, but I grab him by the collar and pull him up and down the ground aggressively.
Then I pull him again, but I am stopped by a child who trips me and takes me by the collar, dividing me from Stefano.
Stefano tells him «Macaco» and he, almost gladly, answers «Thanks».
Fortunately, that child divided us, or I would have become furious and dangerous.
And also, because the teacher arrived after a while and if she had seen us fighting, it would have been trouble.
Slowly we move away, but not happily, because we haven’t vented completely.
We stare at each other with a look of anger; our faces are red sweat filled.
The teacher comes from the corridor and as she enters, she says “Take your seats”.
While going back to my seat, Stefano approaches me, and while he says “Let’s make peace” he gives me his hand.

Un litigio

Sono nel banco ed ascolto la lezione che ci spiega la maestra ma più che altro penso a quanto ci farà aspettare ancora per farci fare l’intervallo.
Sono preoccupato per come passerà questo intervallo, perché il mio compagno Stefano si vuole vendicare contro me perché l’ho scherzato.
Finalmente, in un certo senso purtroppo, è il momento dell’intervallo.
Nello stridore delle sedie sento la voce di Stefano che chiama un gruppetto di maschi: probabilmente per mettersi d’accordo per picchiarmi.
Infatti, il gruppetto di bambini mi accerchia; fra poco, penso fra di me, i disegni si solleveranno e il loro fruscìo farà da sottofondo alle grida.
Il gruppo, a un segnale di Stefano, si stringe e mi prende. 
Io, che sono molto forte, prendo un bambino e gli faccio lo sgambetto facendolo cadere di schiena sul pavimento.
Egli grida: «Aioh! Prendetelo!».
Di fretta sono corso fra i banchi per nascondermi, ma il piccolo Stefano, pieno di ira, mi ha visto scivolare fra i banchi e con un salto mi si è preso alle spalle, si è aggrappato alle ginocchia e mi ha fatto lo sgambetto.
Devo reagire, ma ho paura; di cosa avrei dovuto aver paura?
Io ho avuto paura della cosa più assurda, di fargli male.
Mi sembra, davanti ha me, un piccolo essere indifeso, ma non lo è, in verità è forte.
Mi alzo quasi convinto di perdonarlo, ma gli altri mi saltano addosso spingendomi da uno all’altro.
Di colpi mi slancio verso Stefano e mi sembra che è quella la vera lotta.
Lui mi tira un destro in pancia che mi fa male, ma io lo afferro per il colletto e lo tiro su e giù da terra con aggressività.
Poi lo tiro ancora ma sono fermato da un bambino che mi ha fatto lo sgambetto e mi ha preso per il colletto dividendomi da Stefano.
Stefano gli ha detto «Macaco» e lui quasi contento gli ha risposto «Grazie».
Per fortuna quel bambino ci ha divisi se no diventavo furioso e pericoloso.
E anche, perché la signora maestra è arrivata dopo poco e se ci vedeva lottare erano guai.
Lentamente ci siamo allontanati, ma non contenti, perché non c’eravamo sfogati del tutto.
Ci siamo guardati con uno sguardo di rabbia; le nostre facce sono rosse piene di sudore.
La maestra è arrivata dal corridoio e mentre entrava ci ha detto «Andate al posto».
Mentre andavo al posto, Stefano si è avvicinato a me e mentre diceva «Facciamo la pace» mi ha dato la mano.

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